Previdenza integrativa, chi prima inizia è già a metà dell’opera

Un famoso proverbio recita: “Chi ben comincia è già a metà dell’opera”. Parafrasando questo proverbio si potrebbe dire che, nell’ambito del percorso per la costruzione della propria pensione di scorta, chi prima inizia è già a metà dell’opera, anzi più della metà.

Facciamo un esempio numerico. Ipotizziamo che un lavoratore dipendente abbia cominciato ad accumulare versamenti per costituire la propria pensione integrativa nel dicembre 1979 versando 100 euro al mese (ovvero 193.600 lire fino al 1998 e 100 euro successivamente) in un fondo pensione azionario globale internazionale: per semplicità, utilizzeremo l’MSCI world index che replica l’andamento di tutte le Borse mondiali. Al 31 luglio 2015 avrebbe versato, complessivamente, 42.800 euro in circa 36 anni accumulando quote il cui controvalore sarebbe stato pari a 205.887 euro. Se, il primo versamento fosse stato effettuato 10 anni dopo, ovvero nel dicembre 1989, per accumulare lo stesso importo al 31 luglio 2015, 26 anni dopo, avrebbe dovuto versare ogni mese 295 euro, per un totale complessivo di 90.860 euro, cioè più del doppio rispetto ai versamenti iniziati 10 anni prima. Se poi il primo versamento fosse stato posticipato addirittura al dicembre 1999, il lavoratore avrebbe dovuto versare 670 euro al mese fino al 31 luglio 2015 (per un totale di 125.290 euro) per accumulare lo stesso montante. Ecco perché si può affermare che chi prima inizia a versare nel fondo pensione integrativo è già a metà (e più) dell’opera. Fonte: http://www.giornatanazionaledellaprevidenza.it/

Mamme penalizzate sul lavoro e sulla pensione

Il 30% delle donne occupate ha lasciato il lavoro dopo la gravidanza. A dirlo è l’Istat, sottolineando che il tasso di abbandono del lavoro per le donne al di sotto dei 50 anni (nate dopo il 1964) è al 25%. Il dato risente anche della crisi: tra il 2005 e il 2012 il tasso di abbandono è passato dal 18,4% al 22,3%. Il nostro Paese, dunque, è ancora caratterizzato da una alta sproporzione dei ruoli nella coppia, solo il 28% delle ore di lavoro di cura della coppia con figli sono svolte dagli uomini. Colpa anche di una bassa offerta dei servizi per l’infanzia che rende sempre più difficile per le donne conciliare il doppio ruolo (lavoratrice e madre), soprattutto per le neo mamme (dal 38,6% del 2005 al 42,7% del 2012).

Se si guarda oltre la maternità, risulta comunque che quasi una donna su quattro (22,4%) con meno di 65 anni interrompe l’attività lavorativa per motivi familiari, contro appena il 2,9% degli uomini. Oltre ad avere più interruzioni per motivi familiari, i percorsi lavorativi delle donne sono più spesso caratterizzati da lavori atipici: tra gli occupati, di età compresa tra i 16 e i 64 anni nel 2009 solo il 61,5% delle donne ha avuto un percorso interamente standard, contro il 69,1% degli uomini.

Inoltre, dagli anni ’90 è progressivamente aumentato il part-time femminile (dal 21% del 1993 al 32,2% del 2014), con conseguenti minori livelli medi di retribuzione e importi più bassi dei contributi versati. A ciò va aggiunto che la quota delle lavoratrici irregolari è superiore a quella maschile, con un valore pari all’11,1% contro l’8,9% (media triennio 2010-2012).

Il gap di genere presenta sostanziali divergenza anche dopo. Lo scorso anno (2014) la maggioranza delle donne (52,8%), rispetto ad appena un terzo degli uomini, ha percepito redditi pensionistici mensili inferiori a mille euro ( il 15,3% è sceso sotto i 500 euro). I dati provvisori dicono che solo il 10,2% delle pensionate percepisce un reddito mensile pari o superiore ai 2 mila euro, rispetto al 23,9% dei pensionati maschi. Fonte: http://www.giornatanazionaledellaprevidenza.it

Pensioni più leggere dal 2016

Aspiranti pensionati, datevi da fare! Se avete raggiunto, o raggiungerete i requisiti per andare in pensione entro la fine di novembre, e state tentennando, sappiate che mollare il lavoro prima di dicembre vi consente di ottenere dall’Inps un assegno più ricco. Dal 1° gennaio 2016 saranno in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo, e rispetto ai valori utilizzabili sino al 31 dicembre 2015, i nuovi coefficienti fanno registrare una riduzione che a seconda dell’età di accesso alla pensione, varia da un minimo dell’1,35 a un massimo del 2,50%. Un calo tutto sommato modesto, considerato che rispetto a quelli originari della riforma Dini del 1995, sono calati complessivamente di oltre il 12% ed è questo calo, evidentemente, che produce il taglio delle rendite.

Revisione periodica Dal 1° gennaio 2016 entrano dunque in funzione i nuovi coefficienti utilizzati per il calcolo della pensione con il criterio contributivo, cui, a partire dal 2012, sono soggetti tutti i lavoratori, compresi coloro che potevano far valere 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, i quali continueranno comunque a beneficiare del più favorevole calcolo retributivo per la quota di anzianità maturata sino al 31 dicembre 2011. La revisione dei coefficienti, legati all’età alla quale si va in pensione (sono più bassi se si esce dal lavoro prima e più alti se si esce dopo), è stata prevista a fronte dell’allungamento della vita media. Ipotizzando che si riceve l’assegno per più tempo, a parità di età di uscita dal lavoro, l’importo, legato ai contributi versati nella propria vita lavorativa, sarà più basso. La revisione scatta automaticamente ogni 3 anni e scatterà ogni 2 anni a partire dal 2019.

Un assegno più basso Va comunque detto che per chi è soggetto al sistema misto (l’attuale maggioranza dei pensionandi), l’impatto sull’importo di pensione è piuttosto contenuto. Facciamo un esempio pratico che ci aiuta a capire meglio. Ipotizziamo il caso di un dipendente che il prossimo novembre compie i previsti (dalla riforma Fornero) 66 anni e 3 mesi di età. E poniamo che questo signore abbia accumulato circa 150mila euro. La sua quota contributiva sarebbe di 8.513 euro se cominciasse a percepirla quest’ anno. Se invece dovesse fare domanda dicembre (decorrenza gennaio 2016), e quindi continuando a versare contributi, la stessa quota sarebbe di 8.331 euro, 182 euro in meno, una decurtazione di 14 euro al mese (per tredici mensilità). Fonte: http://www.giornatanazionaledellaprevidenza.it/