Il bitcoin non si può considerare un asset perché, a differenza di obbligazioni, azioni e mercato immobiliare, non produce reddito. Le commodity sono invece notoriamente soggette a bolle e speculazioni
Tutta la volatilità dei mercati finanziari sembra essersi trasferita nel mondo dei bitcoin. Ma la genialità della tecnologia non si riflette necessariamente nella creazione di valore economico.
In effetti, con una capitalizzazione di mercato superiore a quella di qualche grande azienda, ci troviamo di fronte a una bolla del digitale.
Possedere bitcoin consente la partecipazione in imprese digitali attraverso l’acquisto di monete o “gettoni” (non possiamo fare a meno di pensare ai videogiochi), e la crescita del mercato digitale comporta che ci saranno rendimenti interessanti per chi investe in queste imprese?
La tesi irrazionale è che dovremmo acquistare bitcoin perché qualcun altro li acquisterà a un prezzo ancora più alto. Da una ricerca su Google emerge che la capitalizzazione di mercato del bitcoin è stimata in 165 miliardi di dollari. Più di Ge Corporation, McDonalds, General Motors e BP. È una pazzia! Dov’è la creazione di valore economico che giustifica questo enorme aumento di ricchezza su “carta/digitale”?
Dopo le speculazioni sui mercati dei cambi nel 1999, si può solo immaginare che la bolla scoppierà prima che la maggior parte degli investitori in bitcoin sia riuscita a monetizzare i suoi investimenti in una moneta reale. È un rischio per il sistema finanziario? Probabilmente no, e non sarà la fine del mercato digitale, ma l’applicazione della tecnologia blockchain non dovrà lasciarsi distrarre dalla famigerata “febbre dei tulipani”.
Sorgente: Bitcoin, una commodity (e non un asset) soggetta a bolle e speculazioni – ProfessioneFinanza